Strategie per superare le esperienze traumatiche – Raffaello Cortina Editore (2009)
Le mille autobiografie che si possono scrivere in una sola esistenza, o sempre con una sola esistenza i cento racconti che si potrebbero costruire e non mentire mai, riguardano anche lo spaventapasseri, che pure, normalmente come ci dice Cyrulnik in chiusura del suo ultimo lavoro ‘Autobiografia di uno spaventapasseri’, “…si sforza di non pensare: è troppo doloroso (infatti) costruire un mondo interiore ricolmo di rappresentazioni atroci. Si soffre meno quando si ha legno al posto del cuore e paglia sotto il cappello. E’ sufficiente, tuttavia, che uno spaventapasseri incontri un uomo vivo che gli infonda un’anima, perché sia di nuovo tentato dal dolore di vivere.” E’ così che lo spaventapasseri può cominciare “di nuovo a parlare e talvolta anche a scrivere la propria chimera autobiografica”.
Così l’epilogo, ma c’è anche un’introduzione che ci descrive come “L’anima di Pierrot si è spenta leggendo un archivio. Emile, ferita dalla frase del padre che amava, ha potuto mutare il sentimento doloroso che abitava in lei, scrivendo la storia delle proprie origini. Mugabo, sopravvissuto in una cultura distrutta, non ha ritrovato alcun luogo di parola, malgrado il sostegno degli adulti. Akayesu, costretto dalle circostanze della tragedia, si è sottomesso alla sofferenza tacendo. Quando non potevano sottrarsi alla loro tragedia, tutti questi bambini hanno immaginato di essere diventati degli spaventapasseri…In tutti questi casi, è un racconto –talvolta una sola frase- che ha torturato, demolito o, al contrario, ridato vita al mondo interiore di questi feriti.”
Grande biografo e attento osservatore delle reazioni ad eventi traumatici ed a avvenimenti catastrofici, parlando di questi e delle storie individuali che li compongono, Cyrulnik sembra mettere tutto se stesso, ed anche la propria storia, nello sforzo di comprensione di come ci si può affrancare da esperienze dolorose fino all’indicibile. Affrancarsi, quindi, dicendole queste storie, ma tenendo conto che “L’invito alla parola o la costrizione al silenzio, il sostegno affettivo o il rimprovero, l’aiuto sociale o l’abbandono attribuiscono ad una medesima ferita un significato differente, che dipende dal modo in cui le culture strutturano i loro racconti (la sottolineatura è del recensore), facendo passare uno stesso avvenimento dalla vergogna all’orgoglio, dall’ombra alla luce.”
Alla fine dell’introduzione è l’essenza del volume che emerge, quando si afferma che i processi di resilienza saranno spiegati attraverso lo studio delle conseguenze psichiche delle catastrofi naturali, ma anche analizzando calamità interumane che sono più frequenti e rovinose; con i sopravvissuti che diventano spaventapasseri che potranno ritornare ad essere persone vere a patto che il loro ambiente li lasci parlare. Ed è lo stesso autore che a questo punto avverte che “…il libro è quasi terminato. Vi restano solo centonovanta pagine da leggere.”
Ed è davvero così. L’analisi delle catastrofi naturali e dei cambiamenti culturali che possono accompagnare evoluzioni nelle storie dei singoli verso l’involuzione depressiva o verso una possibile ri-nascita; l’analisi del ‘paradiso dei pervertiti’ e dell’universo terroristico fra ‘eroizzazione protettrice’ e ‘melanconia della collettività’; l’esplorazione dell’universo dell’attaccamento fra i diversi tipi di obbedienza e la riconquista di una qualche normalità mediante una ripresa resiliente guidata dalla fantasticheria e dalla speranza di testimoniare; ed infine l’identificazione di una categoria plurima di ‘bambini nascosti’ che apre all’analisi approfondita del mondo dell’adozione come fattore non traumatico ma aperto ad una evoluzione resiliente; tutti questi riferimenti appena accennati e molti altri ancora accompagnano un percorso di analisi che approfondisce, suggestiona e attribuisce significati a fenomeni troppo spesso isolati e mediamente trascurati. (G.M.)