GUCCINI-Copertina 2010

Quasi un’autobiografia. – Mondadori (2010)

“Ma perché mi sono lasciato convincere a fare <sta cosa della biografia>?”
Detto dallo stesso Francesco Guccini al termine del suo scritto, sembra quasi una ‘voce dal sen fuggita’, ma rappresenta molto bene la sua riservatezza. Ed il fatto che abbia deciso, per la prima volta, di “…raccontare la sua vita…fingendo di parlare d’altro, per dire tutto di sé.” –come ci informa l’editore nel risvolto di copertina- è da accogliere sicuramente come un evento di prima grandezza.
“Non so che viso avesse”, questo il titolo del volume, non ha certo bisogno del disegno presente sulla sovracopertina per richiamare immediatamente alla memoria quella che è forse considerata la sua ballata più popolare, ‘La locomotiva’, che chiude immancabilmente tutti i suoi concerti e ricostruisce una vicenda di fine ottocento che ha per protagonista l’anarchico Pietro Rigosi.
Ma si tratta di una biografia o di una autobiografia? O ancora di una ‘quasi autobiografia’, come dichiarato nel sottotitolo? Occorre raggiungere la metà esatta del libro per sciogliere l’enigma, dove l’affermazione: “Questo libro è un’autobiografia scritta a quattro mani.” ci dice in realtà che il contributo è autobiografico e biografico allo stesso tempo.
Infatti nelle prime 113 pagine è Francesco Guccini che, in 17 agili capitoli, parla di sé e delle sue origini (meglio, delle sue ‘radici’) con precisione, partecipazione e dovizia di particolari specie in merito alla progenie; mentre nelle successive 113 pagine è l’amico –e italianista- Alberto Bertoni che in un ampio compendio dal titolo quasi ‘francescano’ (‘Vita e opere di Francesco’), ripercorre tutta la produzione gucciniana intrecciandola con significativi dati biografici.
Le sue canzoni infatti, analizzate analiticamente nella seconda parte del volume, rappresentano una lunga ed ininterrotta autobiografia, ed hanno il potere di parlarci di Francesco e della sua generazione, ma anche di farsi condividere empaticamente da più generazioni, “…in quello strettissimo passaggio tra cronaca privata e autobiografia collettiva che Francesco riesce a varcare magnificamente”, come afferma il suo biografo.
Ma è sicuramente la prima parte del volume, quella più compiutamente autobiografica, ad essere la più originale ed interessante nel suo andamento erratico: dai mulini cinquecenteschi delle radici agli episodi, connessi alla Guerra, dell’infanzia a Pavana; dalla madre Ester involontaria prima insegnante di canto all’esperienza di scrittura giornalistica presso la Gazzetta dell’Emilia, coltivando una “vena istintiva di raccontatore di storie”; dalle esperienze iniziali nelle balere e nelle osterie, dove c’era una “varia umanità” fatta anche di futuri amici di una vita, alle diverse biblioteche frequentate e alle molte librerie costruite; infine dalle riluttanti esperienze iniziali in concerti dove non era semplice ‘esporsi’, alle numerose esperienze da attore cinematografico in ruoli progressivamente più impegnativi, all’immancabile conclusione della stessa autobiografia, e non solo dei concerti, con ‘La locomotiva’ definita –e non da profani- “la più bella canzone popolare del dopoguerra”.
Ed è possibile ritrovare in questa originale ricostruzione autobiografica di Francesco Guccini un intreccio inestricabile fra tracce autobiografiche che occorre far riaffiorare alla superficie; impronte biografiche di storie di vita riassunte in opere poetiche memorabili che assumono la forma di canzoni, a rappresentare un mondo di persone altrimenti votate all’invisibilità; e rapporto pulsante con i suoi estimatori a scavalco fra diverse generazioni che si ritrovano immancabilmente ai suoi concerti ormai trasformati in veri e propri eventi.
A proposito! Autobiograficamente parlando tra i 10.000 del Forum di Assago lo scorso 10 dicembre 2010 a sentire Guccini, c’ero anch’io con i miei fratelli. (G.M.)