La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle donne, Garzanti – Milano 2013
“E’ sera e dal mio studio guardo la piccola fiamma consumarsi.
La luce che emana, anche se si tratta di un flebile baluginio esposto alla brezza serale, squarcia la notte e testimonia la speranza che tutto il dolore che ha patito non sia vano. (…) Poi penso a Malala ed al suo coraggio (…) Penso alla sua voglia di scrivere, documentare e testimoniare, ma soprattutto vivere la sua vita con dignità.
Ed infine mi sono detto: <Non esiste punizione peggiore per quei criminali che far conoscere le sue parole. Forse è facendole circolare in tutto il Mondo che il cerchio potrà essere spezzato.>”
Lo pensavo allora traducendo e diffondendo alcune frasi tratte dal suo diario-blog scritto per la BBC (http://www.lua.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2747&Itemid=80 ).
L’ho continuato a pensare in quest’ultimo anno sostenendo la campagna mondiale perché le fosse assegnato il Nobel per la pace 2013, campagna che non ha avuto successo ma con la delusione mitigata dall’attribuzione del premio europeo Sakharov 2013 per la libertà di pensiero.
Lo penso a maggior ragione oggi che siamo ad un anno di distanza dall’attentato e che è appena stata pubblicata in tutto il mondo questa autobiografia, della quale sto diffondendo in rete estratti delle sue parole dai 24 capitoli del volume con la dizione ‘VICINI A MALALA’ , e questa stessa recensione.
Sono orgoglioso di aver fatto parte, esattamente un anno fa, della moltitudine di ‘…milioni di persone e di bambini (che in tutto il mondo)- dice Malala nella sua autobiografia- mi avevano sostenuto e avevano pregato per me’.
Oggi, dopo il terribile attentato alla sua vita perpetrato dai talebani, in questo agile ed intenso volume è possibile ripercorrere la sua storia saldamente intrecciata a quella del padre, il suo Aba (termine affettuoso per <papà> in pashtu) Ziauddin Yousafzai, che tanta parte ha avuto nella sua formazione e nella determinazione che ha caratterizzato il suo impegno civile.
Orgogliosa figlia del Pakistan –“anche se (…) noi ci sentiamo innanzitutto abitanti dello Swat, poi pashtun e solo in ultimo pakistani”- Malala delinea nella prima parte del volume qual è stata la sua vita nello Swat prima dell’arrivo dei talebani: molte le vicende che connettono la vita più che modesta della sua famiglia al contesto circostante, con particolari riferimenti alle strutture scolastiche promosse dal padre; Malala si impegna moltissimo nello studio, ma al contempo comincia a dimostrarsi estremamente sensibile alle condizione dell’infanzia intorno a lei (cfr. in particolare il cap. 6 ‘I bambini della discarica’).
L’arrivo dei talebani nella valle coincide con i suoi 10 anni e mentre la seconda parte tratteggia la penetrazione talebana ed il suo protagonismo nella testimonianza contro le vessazioni da questi imposte (cfr. in particolare il cap. 13 ‘Il diario di Gul Makai’), la terza descrive l’inasprimento delle angherie subite dalla popolazione ed i crescenti riconoscimenti anche internazionali al valore della sua testimonianza, fino al giorno dell’agguato (cfr. il cap. 20 ‘Chi è Malala?’).
Le ultime 50 pagine del volume descrivono infine il passaggio dall’essere sospesa tra la vita e la morte alla seconda vita dopo il trasferimento in Inghilterra a Birmingham, fino all’intervento a New York, il giorno del suo sedicesimo compleanno, alle Nazioni Unite con l’esortazione conclusiva salutata da una standing ovation dei delegati di tutto il mondo: “Un Bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.”
La semplicità ed al contempo l’universalità del suo messaggio è ben condensato in chiusura: “La pace in ogni casa, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni nazione – questo è il mio sogno. L’istruzione per ogni bambino e bambina del mondo. (…)Io sono Malala. Il mio mondo è cambiato, ma io no.”
Ed ora che sappiamo chi è Malala e cosa ha fatto, non possiamo più lasciarla sola. (G.M.)
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