Il medico come medicina-COPERTINA

Il nuovo melangolo – Genova, 2012

 

Non è consueta la presentazione di un volume su tematiche mediche, scritto da un medico ancorchè neuropsichiatra e psichiatra, in un contesto dedicato in gran parte agli approfondimenti autobiografici. Può apparire già meno inconsueto analizzando il titolo, piuttosto significativo, che vede ‘il medico come medicina’. Più precisamente Roberto Ghirardelli, nel primo della quarantina di pamphlet che compongono questo gradevolissimo e suggestivo libro, traccia la via maestra che ispirerà le sue osservazioni redatte in forma di altrettanti articoli nel corso degli ultimi cinque anni della sua esistenza. Dice Ghirardelli: “…io qui sostengo che esiste anche ‘il medico come medicina’, il medico che offre la propria persona (…) al paziente, che vale tanto quanto le medicine acquistate in farmacia.”

Che l’autore non sia un medico fra i tanti, lo dice già la sua biografia: giovane psichiatra, collabora con Franco Basaglia a Gorizia, ne diventa amico e tornato a Genova fonda Psichiatria Democratica di cui diventa segretario. Lavora in ‘trincea’ come primario all’ospedale psichiatrico di Cogoleto rinunciando ad un posto ‘tranquillo’ all’Ospedale San Martino, guida per due decenni i servizi di Salute Mentale del centro storico, la zona più ‘calda’ della città e chiude la sua carriera istituzionale come coordinatore sanitario della ASL, per poi dedicarsi alla direzione di una scuola di specializzazione in psicoterapie di gruppo formando le nuove generazioni di psicoterapeuti.

Ma qualche cenno autobiografico, vista la sede di questa presentazione (in origine pubblicato sul sito www.lua.it), credo possa essere utile: dalle collaborazioni nei primi anni ‘80 con i CEMEA Toscani (Centri Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva) specializzati nelle aree della comunicazione non verbale e del lavoro di gruppo nei quali ero istruttore, agli incontri in molte iniziative cittadine fra le più significative; dall’invio costante alla sua attenzione di giovani e persone in difficoltà data la sua grande competenza e capacità comunicativa alla partecipazione negli ultimi anni agli interessanti incontri di gruppo e sul gruppo che convocava con cadenza almeno annuale, i suoi interventi non erano mai scontati e aiutavano a comprendere meglio il mondo che ci circonda.

Il libro, d’altra parte, intreccia con uno sguardo interdisciplinare ed olistico quesiti interessanti, osservazioni sulle nuove ricerche nelle neuroscienze e in genetica, casi clinici esposti con grande rispetto ed umanità oltre a vicende ‘autobiografiche’.

E ricorda, in più passaggi, la centralità del sapere non solo diagnostico-scientifico ma anche umanistico e relazionale  del ‘medico di famiglia’ che rischia ormai di perdersi negli infiniti accertamenti strumentali prescritti oggi in modo essenzialmente difensivo.

Innumerevoli, infine, le problematiche affrontate anche se l’interesse sui mille aspetti dell’influenza del/dei gruppi nella vita umana costituisce un fil rouge imprescindibile data la vasta esperienza dell’autore; per rendersene conto è sufficiente dare uno sguardo ad alcuni titoli degli articoli: “Esiste un pensiero di gruppo?”, “L’ordine quale gruppo difensivo”, “La mente umana funziona come un gruppo”, “Perché gli immigrati non tifano rossoblu?”, e così via.

Poche settimane prima che ci lasciasse improvvisamente (nel luglio del 2011), gli ho proposto di tenere una relazione in un corso nazionale di ‘alta formazione’ sui gruppi   cui si è sottratto –lui, fra i maggiori esperti- dicendo che c’erano senz’altro persone più in grado di lui a svolgere  un tale compito e accennando all’intervento ad un convegno internazionale all’estero che stava preparando. Troppo coscienzioso per fare indigestione di impegni ed incarichi, saprò in seguito che si era anche rifiutato di entrare nel Board internazionale dell’International Association for Group Psychotherapy and Group Processes (I.A.G.P.) dicendo ai figli che “preferiva stare a casa a fare le frittate”. Un uomo retto e un professionista scrupoloso e autoriflessivo che è stato capace “con la sua presenza, interesse e affetto”  di migliorare la vita dei suoi pazienti, dei suoi amici e dei suoi famigliari. Pochi possono sperare tanto e la semplicità di linguaggio di questo suo scritto sono convinto possa arricchire l’umanità e la competenze di ciascuno di noi. (G.M.)

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