Raffaello Cortina Editore – Milano, 2013
Edgar Nahoum, universalmente noto come Edgar Morin, è notoriamente il padre del ‘pensiero complesso’, ed è proprio un aspetto rilevante connesso alla nascita della complessità ad aver destato, in quanto psicosociologo, il mio interesse quando si sottolinea che è la contaminazione dei saperi e delle esperienze a rappresentare una delle colonne portanti della costruzione della stessa complessità. Dice infatti Morin: “…non mi sono mai lasciato rinchiudere nel compartimento ‘sociologia’. Questo era il mio punto di partenza, ed è a partire da questo che potei, nel corso dei decenni, navigare liberamente in modo transdisciplinare.”
Per il resto il percorso proposto dall’autore corrisponde perfettamente al titolo scelto, e cioè Mon Paris, ma mémoire. C’è infatti sempre Parigi –anche in foto, immagini e cartoline- negli 11 capitoli e nello stesso epilogo del libro; e ci sono sempre i ricordi di Morin ad illuminare le varie zone della città che percorrerà in quasi un secolo, dalla popolare rue Mayran ai piedi di Montmartre dove è nato l’8 luglio 1921 a rue Notre-Dame-des-Champs, nell’intellettuale Montparnasse, dove si trasferirà nel 2010.
Ma così come Parigi fatica ad essere contenuta esaustivamente nelle oltre duecento pagine del volume, analogamente la vita avventurosa e non convenzionale di Morin, le sue frequentazioni con personaggi di primo piano della società e della cultura (come Roland Barthes e Marguerite Duras), oltre che della politica francese (come Francoise Mitterand) e non solo, sembrano tracimare oltre i brani del libro fino a comporre un affascinante affresco che dal secolo scorso si proietta nel nuovo millennio.
E sono poi tutti gli aspetti autobiografici rievocati da un ‘anticonformista giovane novantenne’ che arricchiscono la narrazione evitando di trasformarla in un sovrabbondante intreccio di pur interessanti richiami geografici, rimembranze socio-politico-culturali e accenni a personalità di primo piano.
Edgar figlio unico che viene trascinato a scuola con la forza; il padre adolescente a Salonicco con un culto per Parigi; la madre malata che muore dieci anni dopo la sua nascita; le mille peripezie nella Resistenza; la vita con Violette e la nascita di Irène e Veronique, fino al matrimonio con la quarta moglie nel 2009; tutti questi intrecci ‘vitali’ non impediscono approfondimenti e considerazioni sui cambiamenti sociali e sulle tendenze che Morin sembra individuare con precisione e con largo anticipo rispetto agli analisti suoi contemporanei.
Questi spunti ed approfondimenti orientati alla ricerca di un futuro sostenibile per l’umanità richiamano, in conclusione, la lucida analisi realizzata per l’Unesco e sintetizzata nel volume del 2001 ‘I sette saperi necessari all’educazione del futuro’. Citerò un solo passaggio che conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto il suo sguardo sia lungimirante:
“Non dissocio la crisi dell’antroposfera da quella della biosfera. (…) La diminuzione della biodiversità, gli innumerevoli inquinamenti urbani e rurali, la degradazione dei suoli dovuta all’agricoltura industrializzata, l’abuso dei pesticidi e la diffusione degli OGM in molte regioni del mondo, il riscaldamento climatico degradano la biosfera combinandosi fra loro. Tutto indica che stiamo correndo verso l’abisso e che dobbiamo, se possibile e se siamo ancora in tempo, cambiare via.” (G.M.)