Indagine-monitoraggio sulle scritture di sè in Italia[1]
di Giorgio Macario[2]
Parte I – Nascita e sviluppo di un progetto collettivo
- Perché l’avvio del progetto di indagine
La costante diffusione delle scritture di sè, o scritture autobiografiche, in Italia nei settori e nei contesti più disparati, rende evidente una domanda che, pur essendo in progressiva crescita, vede attivarsi una pluralità di proposte ed offerte estremamente frastagliate, metodologicamente poco esplicitate e più in generale molto poco studiate ed approfondite.
E’ noto che esiste una grande difficoltà da parte di chiunque sia interessato all’argomento nell’accedere ad informazioni adeguate sulle scritture di sé, che consentano almeno un minimo di ottica comparativa e di confronto metodologico, ed ugualmente c’è una scarsa diffusione di attenzioni alla documentazione che possano favorire una maggiore diffusione di cultura sul’argomento.
La Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari[3] ha inteso fin dalla nascita portare un contributo conoscitivo significativo su queste tematiche.
Si è passati infatti dalla narrazione e dalla memoria –memorie orali, storiche, biografiche, ma anche approcci teatrali, musicali, relazionali e di dinamiche di gruppo- ad un particolare investimento di energie e di risorse nella scrittura autobiografica, parallelamente al diffondersi di tendenze a ritornare a scrivere di sé anche nei luoghi professionali ed in particolare in diversi ambiti quale quello educativo, sociale, culturale, didattico, psicologico, sanitario e della cura in genere.
E se molti raccolgono storie di vita, nessuno come la LUA concorre in maniera così capillare alla diffusione della scrittura autobiografica.
D’altra parte, come osservato da Duccio Demetrio, la scrittura deve continuare ad essere ‘fonte di scoperta’, deve dirci delle cose che ancora non riusciamo a formulare.
- La proposta di una indagine ampia, con possibili implementazioni successive.
Il percorso di ricerca, avviato nei primi mesi del 2008 sulla base di uno specifico interesse ad approfondire un tale argomento da parte della direzione della LUA e proseguito con l’impegno del Centro Studi Autobiografici e di una parte dei collaboratori scientifici nella specificazione della proposta, è stato inizialmente pensato come articolato su più fasi. L’ipotesi era quella dei cerchi conoscitivi concentrici, che partendo da un nucleo centrale rappresentato dalla Libera Università dell’Autobiografia nelle sue articolazioni centrali e periferiche, potesse poi allargarsi ai soggetti esterni operanti in maniera specifica con interventi di formazione e apprendimento della scrittura autobiografica, per poi estendersi anche a soggetti impegnati in iniziative non specificamente dedicate, ma orientate alla sensibilizzazione sullo stesso tema.
Nella definizione di questi diversi target, che potremmo definire specifici-interni, specifici-esterni ed aspecifici, si è discusso approfonditamente del come delineare l’individuazione dei partecipanti, degli aspetti di interesse particolare da approfondire ed infine di alcuni strumenti di indagine ipotizzabili.
In particolare il primo target individuato riguardava i partecipanti alle iniziative della LUA e gli interventi da questa promossi.
Il secondo target faceva riferimento agli interventi relativi ad iniziative dedicate alle scrittura autobiografica, promossi da organizzazioni o singoli ‘non LUA’[4].
Il terzo target era relativo alla conduzione di iniziative non specificamente dedicate alle scritture autobiografiche ma che si ponevano l’obiettivo di sensibilizzare in merito a questo stesso tema, promosse da organizzazioni o singoli, sia LUA che non LUA.
Nella prefigurazione iniziale, quindi, gli obiettivi principali dell’indagine intendevano approfondire la costruzione negli anni di un quadro generale delle proposte di scrittura di sé; la sensibilizzazione degli Amministratori locali; la prefigurazione di risposte diversificate a vari livelli (per gli ‘specialisti’, ma anche per i volontari ed i simpatizzanti), ed infine l’accrescimento delle conoscenze e la precisazione dello spazio influenzato dalle metodiche della LUA sul territorio nazionale.
- Elementi significativi di un biennio ‘ Work in progress’ (2008-2010)
3.1 Aspetti organizzativi e messa a punto delle finalità dell’indagine
L’arricchimento di presenze nelle diverse fasi dei lavori è già di per sé indicativo del progressivo estendersi dell’interesse in merito all’indagine proposta[5], ma anche delle particolari difficoltà che si sono incontrate nella gestione del progetto
L’indagine si è via via delineata come uno sguardo possibile sulle scritture di sé in Italia, che nasce dalla Libera Università dell’Autobiografia ma non si limita a questa, intendendo restituire un panorama diffuso e complesso a livello territoriale, che possa anche essere successivamente implementato in ulteriori fasi esplorative e contribuire in futuro alla delineazione di diverse prassi diversificate.
Concretamente l’indagine, rispetto ai tre target individuati nel paragrafo precedente, si è concentrata su tutte quelle esperienze specificamente dedicate alle scritture di sé a livello territoriale, svolte direttamente (attività LUA), influenzate dalle metodologie della LUA (attività condotte da persone che si sono formate alla LUA) o facenti riferimento ad altre esperienze (esterni, non LUA). Inoltre, fin da subito è stato impostato un utilizzo mirato del sito LUA anche per l’adeguata diffusione della campagna di ricerca, con particolare riferimento alla raccolta di questionari ‘light’ on line che contribuiscono, mediante un’analisi specifica, al resoconto complessivo dell’iniziativa. [6]
3.2 Strutturazione del questionario e testature successive.
Il questionario principale[7], strumento base per la rilevazione svolta dal gruppo di ricerca allargato, è stato somministrato in oltre un centinaio di esperienze del Centro (circa il 50%), del Nord (poco più del 40%) e del Sud Italia (poco meno del 10%).
Lo strumento elaborato consta di quattro parti riguardanti i dati generali dell’intervistato e dell’organismo promotore dell’iniziativa; i dati sull’attività con la richiesta di indicazioni strutturali su tipologia, i risultati attesi, partecipanti, modalità didattiche utilizzate e conduzione; i dati sul conduttore dell’attività ed infine le connessioni con il territorio, l’esplicitazione delle potenzialità del progetto (punti forza) e l’individuazione delle possibili criticità.
Una prima testatura (nella primavera del 2009) è stata effettuata con riferimento alla somministrazione in alcune realtà diversificate, ed ha consentito, dopo diverse messe a punto, un ulteriore miglioramento dello strumento con la maggiore specificazione di alcune aree.
La seconda ed ultima testatura è stata invece quasi una ‘prova generale’ della successiva somministrazione allargata avviata nei primi mesi del 2010. Realizzata nell’estate del 2009, ha riguardato ben 23 esperienze diversificate realizzate da 18 soggetti diversi ed ha consentito una parziale calibratura qualitativa dello strumento
Parte II – Monitoraggio di progetti e attività di scrittura di sé in Italia. [8]
- Premessa
Lo scenario degli anni 2000, che muta rapidamente in tutti i campi, si modifica con grande celerità anche rispetto alla scrittura ed in particolare alle scritture di sé.
In una analisi su l’abbandono della scrittura e la semplificazione del pensiero[9], venivano identificate alcune di queste tendenze nel prevalere di immagini che semplificano, nella disabitudine a scrivere e nel sempre più diffuso analfabetismo di ritorno, nella contrazione della scrittura per la velocizzazione della comunicazione, nella confusione fra vita reale e vita virtuale; d’altra parte si individuavano anche alcune controtendenze nella diffusione di messaggistica istantanea, chat-line e sms, dei blog su internet e nel riutilizzo delle moleskine.
In quest’ottica, si concludeva con riferimento ad alcune considerazioni di Duccio Demetrio[10], lo sviluppo di nuove prospettive di scrittura, non solo ad orientamento personale, sembra poter concretamente rappresentare uno dei terreni più fertili perché l’arte di formarsi di ciascuno possa dispiegarsi al meglio.
Una premessa, che può essere utile all’inquadramento della lettura dei dati, riguarda un possibile intreccio fra area apprenditiva e cognitiva[11], area dell’empowerment[12], area della resilienza[13] e l’area che potremmo definire degli ‘scenari prospettici’[14], per il cui approfondimento si rimanda alla pubblicazione già citata a cura della LUA.[15]
- Le caratteristiche degli intervistati e gli organismi promotori
I questionari complessivamente compilati sono 108.[16] Le risposte alle prime tre parti del questionario si aggirano mediamente fra il 90 ed il 100%, mentre per l’ultima parte le risposte superano di poco il 60%.
Per quanto riguarda il ruolo svolto nella realizzazione delle attività, il ‘conduttore’ (22,8%) ed il ‘formatore’ (14,8%) rappresentano quelli maggioritari con oltre un terzo dei 101 partecipanti che hanno risposto a questo item. Seguono il 10% circa di docenti, che hanno svolto quindi un ruolo di teorizzazione e/o sistematizzazione dei contenuti, e quindi un altro 16% circa suddiviso equamente fra il ruolo di responsabile e di progettista coordinatore.
Rispetto all’organismo che ha promosso l’iniziativa[17] (cfr. Tab. 1) il dato maggioritario è costituito dalle associazioni di varia natura che da sole rappresentano circa la metà del totale e possono quindi essere considerate come le forme organizzative più sensibili alla promozione dell’intervento autobiografico. Sicuramente non sovrapposto alla precedente è il 30% circa delle attività promosse dall’Ente locale o dagli Istituti scolastici, segno da un lato della sensibilità al tema autobiografico nelle istituzioni a livello territoriale, e dall’altro della presenza di una sensibilità diffusa fra i docenti in ambito scolastico.[18] Seguono su percentuali comunque superiori al 10% da un lato le cooperative e dall’altro i servizi socio-sanitari e le biblioteche. Tale diversificazione mostra quanto le iniziative e le proposte di scrittura di sé siano attivate in contesti sia pubblici ed istituzionali che privati, e del privato-sociale in particolare. Merita poi una citazione a sé stante il 7% circa delle strutture penitenziarie, dove i laboratori assumono un’importanza particolare[19].
Tab. 1 – L’organismo promotore dell’iniziativa
ASSOCIAZIONI | 46.72% | BIBLIOTECA | 10.3% |
ENTE LOCALE | 16.82% | PENITENZIARI | 6.55% |
ISTITUTI SCOLASTICI | 14% | FONDAZIONI | 2.8% |
COOPERATIVE | 13.1% | SER. PSICHIATRICI | 1.9% |
SERVIZI SOCIO SANITARI | 12.14% |
- Le attività realizzate: partecipanti, contesto, contenuti e metodologie
La partecipazione media alle attività di laboratorio autobiografico risulta intorno alle 15 persone, interessando quindi diverse centinaia di persone sparse su tutto il territorio nazionale.
I partecipanti alle attività risultano in gran parte adulti (in 9 casi su 10), ma nei laboratori è segnalata in 1/3 delle esperienze sia la presenza di anziani che la presenza di giovani, con una partecipazioni di bambini rilevata invece in pochissimi casi. Queste percentuali riscontrate contraddicono almeno in parte un diffuso luogo comune che vede l’attività autobiografica come prerogativa delle persone ormai giunte alla fase finale della loro esistenza, nella quale si tirano le somme. La grande prevalenza di persone adulte e la stessa consistenza della presenza giovanile, unitamente alla crescente richiesta di formazione specifica in ambito autobiografico[20] ed alla crescente presenza di insegnanti, fanno ben sperare nell’estensione delle proposte fin dal periodo prescolastico. La partecipazione è poi mista in 3 casi su 4, con una prevalenza femminile nella parte restante; mentre rispetto alla nazionalità circa il 60 % è frequentato solo da italiani ed il restante 40% vede anche la presenza di stranieri, con un’unica esperienza rivolta esclusivamente a stranieri. Anche la presenza di persone di altre nazionalità, quindi, diventa un elemento importante per rafforzare un approccio interculturale che valorizzi sempre più l’alterità nelle proposte formative, alterità peraltro già saldamente connaturata alle proposte di laboratori autobiografici.
Per quanto riguarda invece la durata, l’incidenza maggiore, pari a 1/3 (34%), riguarda il periodo 3-6 mesi, che insieme a quello fra i 7 ed i 12 mesi (17,5%), supera la metà di tutte le esperienze. Tenendo presente che la breve durata (meno di 3 mesi) riguarda circa 1/5 del campione complessivo, mentre il restante 30% circa supera l’anno di durata, possiamo affermare che i percorsi strutturati appaiono congruenti con la possibilità di una articolata strutturazione e con la produzione di materiali di una certa consistenza.
Sulla tipologia prevalente dell’attività (cfr. Tab. 2) l’item è a risposta multipla e risulta evidente dalla lettura della tabella che la scrittura autobiografica è di gran lunga la tipologia prevalente, riguardando oltre i 4/5 delle esperienze.
Tab. 2 – Tipologia prevalente dell’attività
Scrittura autobiografica | 82.2% | Scrittura creativa | 17.75% |
Scrittura di storie di vita | 39.25% | Scrittura terapeutica | 9.3% |
Altro | 19.6% | Scrittura del disagio sociale | 9.3% |
Per quanto concerne poi i risultati attesi (tab. 3) ed i prodotti finali dichiarati (tab. 4), analizzati in successione, questi possono far meglio comprendere sia il tipo di aspettative prefigurate nelle proposte progettuali che la concreta produzione di materiali -scritti e non solo- realizzata. Anche questi due item sono entrambi a risposta multipla.
Tab. 3 – Risultati attesi
Scrittura di frammenti autobiogr. | 66.6% | Scrittura poetica | 14.8% |
Scrittura di storie di vita | 38.9% | Scrittura di un diario | 13.9% |
Scrittura dell’autobiografia | 27.8% | Scrittura professionale | 11.1% |
Altro | 23.1% | Scrittura di romanzo | 9.2% |
Tab. 4 – Prodotto finale
Letture | 40.6% | Supporto digitale | 27.8% |
Libro | 38.6% | Report | 23.8% |
Altro[21] | 38.6% | Rappres. teatrale | 12.8% |
Connessa ai prodotti realizzati, una nota interessante riguarda lo strumento prevalente utilizzato per la scrittura, che in un apposito item anche questo a risposta multipla, vede in 9 esperienze su 10 la prevalenza del cartaceo (88.8%) rispetto all’utilizzo del personal computer (34.6%), mentre una parte residua più limitata (1 su 10) utilizza anche altri strumenti.
Infine, in merito alle modalità didattiche perseguite, la netta prevalenza dell’opzione mista di attività centrate sia sul gruppo che sulla persona (3 esperienze su 4 – 75,2%), e, pur residuale, la leggera prevalenza della centratura sul gruppo(15,3%) rispetto alla centratura sulla persona (9,5%), fa giustizia delle accuse spesso rivolte all’approccio autobiografico di costituire una spinta oggettiva al solipsismo ed alla centratura esclusiva sul singolo.
- La conduzione delle attività
La conduzione delle attività di laboratorio autobiografico, forse più di una normale attività formativa, è da considerarsi molto importante per una migliore comprensione della effettiva natura e consistenza delle iniziative proposte e realizzate. Infatti il riferimento specifico alle caratteristiche soggettive dei singoli partecipanti; il contatto, spesso non così usuale per chi è coinvolto nell’iniziativa, con aspetti di sé non facili da approcciare e comprendere; gli stessi contesti dove nascono le proposte che, anche nei casi in cui non siano diretta espressione di disagio sociale conclamato, registrano inquietudini e problematicità; tutto questo e molto altro ancora fanno sì che la funzione di conduzione sia da ritenersi strategica.
Agli item di questa parte del questionario hanno risposto un numero più limitato di persone. Per comprendere meglio la tipologia dei conduttori è stata considerata l’età (95 risposte su108), il titolo di studio (93/108), il genere (87/108) e la formazione del conduttore/conduttrice (97/108).
Il quadro sintetico che emerge è il seguente: la gran parte di chi conduce le attività, quasi il 90%, si distribuisce in misura eguale nella fascia fra i 30 ed i 50 anni, ed in quella fra i 50 ed i 60, con la restante parte che si colloca prevalentemente sopra i 60 e in pochissimi casi sotto i 30. Le competenze sono di alto livello, con 3 persone su 4 laureate e quasi il 10% con un dottorato di ricerca (PHD), mentre solo il 15% è diplomato. Il genere è femminile in 4 casi su 5, a conferma della femminilizzazione nell’area dell’insegnamento, dell’educazione e della cura. Infine la formazione specifica in ambito autobiografico, analizzata in un apposito item a risposta multipla, vede comunque la formazione in ambito universitario nei 2/3 dei casi, in circa 1/4 delle risposte la presenza di una istituzione privata che eroga formazione ed in poco più del 10% di una istituzione pubblica.
Ancora, per quanto riguarda la professione svolta dal conduttore –a risposta multipla anche questa-, circa 4 su 10 sono formatori; circa 1/3 sono educatori e 1 su 4 è insegnante. La categoria altro, a conferma della estrema versatilità dell’approccio autobiografico che può coinvolgere percorsi assolutamente diversificati, con un 35.6% , comprende una varietà multiforme di professioni[22].
- Potenzialità, criticità e ricadute territoriali.
5.1 Quadro d’insieme e ricadute territoriali[23]
Le categorie principali individuabili sono 5, con percentuali di risposte che variano fra il 10 e il 20%, mentre quelle, per così dire, residuali, sono 4, con percentuali che si aggirano fra il 5 ed il 7%. Limitando l’analisi alle prime, nelle categorie principali possiamo distinguere le prime due, praticamente equivalenti quanto a numerosità, autocentrata la prima ed eterocentrata la seconda. Nella situazione maggiormente autocentrata, il laboratorio/attività si propone come un importante aiuto (attraverso la condivisione orale delle proprie esperienze e la scrittura) per uscire dalla solitudine e appare teso a facilitare la possibilità di cura per quelle persone che vivono o hanno vissuto particolari e dolorose situazioni di vita (19,7%). Nella situazione più eterocentrata i laboratori si sono posti obiettivi consistenti di promozione socioculturale (19,7%).
Nelle altre tre categorie principali, se ne può trovare una comunque più auto centrata (laboratori biografici professionalizzanti-11,5%-), e due maggiormente etero centrate (al 13,1% ciascuna i laboratori intergenerazionali su divulgazione di storie e memorie da un lato e laboratori che promuovono nuove realtà sociali e culturali dall’altro.)
Se volessimo quindi, in conclusione, quantificare la maggiore o minore propensione alla proiezione delle attività in ambito territoriale, tolto circa un 10% per così dire ‘non classificabile’, potremmo concludere che la maggioranza delle proposte laboratoriali (circa il 55%), più eterocentrata, presenta ricadute territoriali piuttosto consistenti, mentre circa 1/3 (poco oltre il 35%), essendo più autocentrata, sembra semplicemente non porsi il problema o comunque non considerarlo prioritario.
Appare quindi importante rilevare che già questa sola conclusione –ma anche rispetto alle modalità didattiche si potrebbero sviluppare osservazioni analoghe- potrebbe sfatare il mito, presente nell’immaginario collettivo, di una pressante autoreferenzialità delle proposte di scrittura di sé, che paiono invece, in prevalenza, sensibili alla qualità della propria collocazione territoriale.
5.2 Le potenzialità progettuali ed i possibili punti-forza.[24]
Circa i 2/3 del totale delle esperienze laboratoriali appaiono aggregabili entro due categorie principali. La prima, che rappresenta la maggioranza relativa del campione (oltre 1/3, con il 34,9%) presenta come potenzialità progettuale un impegno per la crescita e formazione personale orientata all’attenzione ‘partecipata’ verso l’altro. La seconda, che potremmo definire una consistente minoranza (poco meno di 3 su 10, il 28,6%), vede la maggiore potenzialità delle attività realizzate orientata alla cura di sé, al fine di esplicitare, comprendere e metabolizzare il proprio disagio.
La scrittura è intesa quindi, in questo caso, come cura: persone che hanno vissuto l’esperienza della scrittura in gruppo si sentono meno sole, hanno allargato le loro reti di relazioni ed hanno acquisito maggiore consapevolezza di sé a livello emotivo, relazionale e comportamentale. Ma soprattutto la scrittura si è rivelata un valido strumento per dare senso ai vissuti di sofferenza e di disagio non ‘sufficientemente’ esplicitati e metabolizzati.
Ci sono poi alcune aggregazioni che individuano altre aree potenzialmente significative. Nel primo caso viene segnalata come punto forza la valorizzazione degli apporti professionali , con una esperienza su dieci -il12,7%- riferita a diversi insegnanti che, una volta realizzata l’esperienza, asseriscono di essere più attenti e consapevoli delle proprie modalità didattiche e di avere una maggiore condivisione e comunicazione di esperienze con i propri alunni.
Nel secondo aggregato, anche questo del 12,7%, si sottolinea la centralità del recupero della memoria storica di luoghi, artisti, famiglie, tradizioni locali e di identità di genere, mentre nella terza aggregazione -7,9%- le attività laboratoriali hanno puntato ad una valorizzazione delle identità multiple presenti nelle varie città attraverso il confronto, l’integrazione e la conoscenza reciproca.
In conclusione, anche in quest’area delle potenzialità progettuali sembra possibile procedere alla lettura dei dati individuando da un lato una finalizzazione più ‘sociale’ (per il 55% delle esperienze) rispetto ad una finalizzazione più marcatamente ‘personale’ (per oltre il 41% del campione).
5.3 Analisi delle criticità ‘empowered oriented’.[25]
La lettura delle criticità, per non rappresentare solo un insieme di elementi problematici difficili da trattare, ha bisogno di essere indirizzata in senso costruttivo ricomprendendo anche le possibili azioni di miglioramento. Diverse le aree significative aggregabili.
La prima, struttural-organizzativa, raggruppa circa 1/3 dei questionari -32,8%- e si riferisce alla logistica e all’organizzazione interna, lamentando diverse criticità su spazi e tempi troppo contenuti. Strutturare meglio i laboratori tematici e prolungarne la durata appare la risposta più congruente, favorendone altresì una migliore pubblicizzazione.
La seconda aggregazione, struttural-finanziaria, riguarda una esperienza su cinque -il 19,7%- che lamenta, come elemento critico, una cronica scarsità di fondi e finanziamenti da parte di Enti Pubblici, cui appare possibile rispondere in questa fase con l’attivazione di fondi europei.
La terza criticità –riferibile al 16,4%- concerne la scarsa collaborazione tra le diverse figure professionali che operano nell’ambito delle varie attività, in particolar modo in relazione agli ambiti scolastico, ospedaliero e carcerario. La sintonia fra chi organizza e conduce le attività e chi usufruisce della proposta laboratoriale è indicata come possibile spinta per favorire ulteriori sinergie.
Le restanti criticità, tutte sotto il 10% delle risposte, riguardano le difficoltà di utilizzo della lingua nella stesura degli scritti e nel racconto-discussione orale per i partecipanti stranieri (contrastabile con sostegni individuali), la scarsità dei conduttori di laboratorio con una formazione specifica (per rispondere alla quale estese reti di supervisione potrebbero aiutare), ed infine il rischio di non saper gestire adeguatamente la ‘riapertura delle ferite’ nei partecipanti (nel qual caso vengono citati percorsi formativi adeguati[26] come possibile risposta).
- Conclusioni
Il rapporto delle diverse esperienze con la LUA appare centrale nello svolgimento dell’indagine, promossa di fatto per favorire un monitoraggio con finalità conoscitive estese all’intero territorio nazionale. Solo un 8,2% delle esperienze dichiara di non aver nessun rapporto con la LUA, mentre più del 60% afferma di averne seguito anche i percorsi formativi, delineando una concreta realtà di fatto più che una parziale autoreferenzialità dell’indagine.
L’intera indagine infatti, con le criticità ed i punti forza evidenziati, si pone come prima forte spinta a considerare la tematica delle scritture di sé non tanto un’accozzaglia di proposte estemporanee ed improvvisate, quanto come sottolineatura dell’esistenza di un primo nucleo consistente di esperti in tema di storie di vita di adulti, anziani, giovani, ma anche bambini, che intervengono fin dalle fasi di progettazione degli interventi autobiografici con attenzioni metodologiche e apporti interprofessionali ed interdisciplinari significativi.
I possibili ambiti di sviluppo degli apporti autobiografici, in particolar modo nell’attuale fase di crisi del welfare e di carenza di risorse in tutti i settori, appaiono ad un tempo considerevoli e non semplici da attivare. E’ anche per questo che la sottolineatura della serietà e consistenza delle proposte in tema risulta di buon auspicio per una costante diffusione degli interventi finalizzati a rinforzare le capacità autoriflessive dei singoli e le possibilità di conservazione e di sviluppo delle memorie in tutti i contesti potenzialmente interessati (territoriali, professionali, aggregativi e culturali, per non citarne che alcuni).
Nella speranza che la prosecuzione di questo lavoro di indagine possa essere condotto in collaborazione con altre organizzazioni nazionali ed internazionali e che la fotografia, o meglio gli spezzoni di filmato che sono stati realizzati con quest’indagine, possano trasformarsi in un filmato più compiuto, dinamico e rappresentativo dell’intero panorama delle scritture di sé in Italia e non solo.
[1] L’indagine, condotta per conto della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, con la direzione scientifica di Duccio Demetrio, è stata coordinata da Caterina Benelli e Giorgio Macario. Ada Ascari ha curato l’area dei questionari in rete.
[2] Formatore e psicosociologo. Consulente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, ha collaborato con l’Università Bicocca di Milano e collabora dal 2002 con la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Genova.
Collaboratore scientifico e membro del Comitato Scientifico della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari.
[3] La Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (d’ora in poi denominata LUA), fondata nel 1998 da Duccio Demetrio e da Saverio Tutino, segnando l’incontro tra lo studioso di autobiografia nella formazione degli adulti dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e l’inventore, l’animatore, l’organizzatore dell’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano, recentemente scomparso, è stata in questi ultimi anni senz’altro uno dei principali protagonisti della costante diffusione della scrittura di sé in Italia.
[4] Si tratta di organizzazioni che operano su base nazionale o regionale/locale, come circoli di scrittura di sè territoriali; clinica e medicina della scrittura di sè; insegnanti che utilizzano le scritture di sé ed altre tipologie analoghe.
[5] Dalla stesura della proposta iniziale, realizzata da Giorgio Macario (Centro Studi Autobiografici) su input diretti di Duccio Demetrio (responsabile scientifico del gruppo di ricerca), il gruppo ristretto di conduzione della stessa si è via via allargato a Caterina Benelli (Centro Studi Autobiografici) e quindi ad Ada Ascari (Membro del Direttivo e responsabile del Sito LUA).
Stefania Freddo (Dottoranda Università Bicocca) ha curato un filone di approfondimento autonomo, mentre a supporto della realizzazione dell’indagine si è aggregato un gruppo di Collaboratori Scientifici facenti riferimento a diverse aree territoriali, composto da Ada Ascari, Caterina Benelli, Giovanni D’Alfonso, Ludovica Danieli, Loredana Gambuzzi, Carmine Lazzarini, Giorgio Macario, Sara Moretti, Gabriella Pavarotti, Anna Maria Pedretti, Giovanna Stefanelli e Mario Vio.
[6] Analisi che non è possibile specificare in questa sede.
[7] Il testo del questionario e le considerazioni di Ada Ascari sui questionari on line appena citati sono rintracciabili nella specifica pubblicazione della Libera Università dell’Autobiografia curata da Ada Ascari, Caterina Benelli e Giorgio Macario (Anghiari, 2012)
[8] Si ringrazia Sara Ricciotti per una prima lettura dei dati quantitativi e qualitativi.
[9] G. Macario, L’arte di formarsi. Professionisti riflessivi e sensibilità autobiografiche, Edizioni Unicopli, Milano, 2008.
[10] D. Demetrio, Prefazione, in D. Demetrio (a cura di), Per una pedagogia e una didattica della scrittura, Edizioni Unicopli, Milano 2007.
[11] Cfr. D. Demetrio (a cura di), Apprendere nelle organizzazioni. Proposte per la crescita cognitiva in età adulta, NIS – La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994; D. Demetrio, Manuale di educazione degli adulti, Editore Laterza, Bari, 2003.
[12] Cfr. M. Bruscaglioni – S. Gheno, Il gusto del potere. Empowerment di persone ed azienda, Franco Angeli, Milano, 2000; M. Bruscaglioni, Per una formazione vitalizzante, Franco Angeli, Milano, 2005; M. Benasayag – G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano, 2004.
[13] Cfr. B. Cyrulnik, Autobiografia di uno spaventapasseri. Strategie per superare le esperienze traumatiche, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009; A. Canevaro, I diritti dei bambini e delle bambine e abitare l’apprendimento, in G. Macario (a cura di), Dall’Istituto alla casa, Carocci, Roma, 2008.
[14] Cfr. Alain Touraine, La globalizzazione e la fine del sociale. Per comprendere il mondo contemporaneo, Il Saggiatore, Milano, 2008; D. Demetrio, L’educazione non è finita. Idee per difenderla, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009; G.P. Quaglino, La scuola della vita. Manifesto della terza formazione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2011.
[15] Ada Ascari, Caterina Benelli e Giorgio Macario (LUA, Anghiari, 2012)
[16] I 110 ‘questionari veloci’ raccolti sul sito web sono aggiuntivi e analizzati nella pubblicazione LUA già citata. (A. Ascari, C. Benelli, G. Macario – Anghiari, 2012)
[17] Da tenere presente che le risposte possibili erano multiple: per questo motivo il totale delle percentuali nel riquadro successivo supera il 100%.
[18] Fra i diversi contributi di approfondimento sul tema meritano una citazione i seguenti: Duccio Demetrio, Ricordare a scuola. Fare memoria e didattica autobiografica, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003 e Cosimo Laneve, Scrittura e pratica educativa. Un contributo al sapere dell’insegnamento, Erickson, Trento, 2009.
[19] Cfr. Caterina Benelli, Promuovere formazione in carcere. Itinerari di educazione formale e non formale nei “luoghi di confine”, Edizioni del Cerro, Milano, 2008
[20] Per fare un solo esempio, il 12° corso della scuola Mnemosine della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, che ha preso avvio nei primi giorni del 2012, vede una partecipazione record di ben 58 iscritti suddivisi in tre gruppi.
[21] L’alta percentuale riscontrabile alla voce ‘altro’ si esplicita in oltre una ventina di prodotti diversi fra cui produzioni radiofoniche, articoli scientifici su riviste e creazione di riviste a partire dai materiali prodotti, incontri nazionali ed internazionali da un lato, per citare alcuni aspetti più ambiziosi data l’alta visibilità, e mostre finali, quadretti, scatole con i materiali, foto, cd audio, fascicoli e incontri di restituzione dall’altro, come esperienze sicuramente più facilmente replicabili.
[22] Fra queste: insegnante yoga, psicologo, psicoterapeuta, giornalista, scrittrice, impiegato, pensionato, libero professionista, docente, pedagogista, progettista, attrice, medico e scrittore, operatore teatrale, tirocinante, autrice.
[23] All’item 4.1 hanno risposto 61/108.
[24] All’item 4.2 hanno risposto 63/108.
[25] All’item 4.3 hanno risposto 61/108.
[26] Come ad esempio, nella LUA, il percorso Klinè (al letto del malato) che prevede momenti di applicazione e supervisione in itinere delle pratiche di consulenza autobiografica individualizzata offerta a singole persone di ogni età (o a piccoli gruppi) in disagio esistenziale.